LA GRANDE MAGIA DEL MAGO? INVENTARE L'ALLENATORE MODERNOR

N. Cecere, La Gazzetta dello Sport, 11 Dicembre 2012

Helenio Herrera, il tecnico della Grande Inter di papà Moratti, è tra i candidati della Gazzetta per una via a Milano. Così lo racconta Sandro Mazzola: "Herrera ha portato a Milano la cultura del lavoro ovvero la cura maniacale degli allenamenti unita alla dieta da atleta e alla costante sottolineatura degli aspetti psicologici della vicenda agonistica".

"Per spiegare ai giovani appassionati di calcio chi è stato Helenio Herrera userò una sintesi che può apparire esagerata: l'uomo che ha inventato la professione dell'allenatore moderno". Quando parli del Mago a Sandro Mazzola, il suo volto si illumina e non solo perché lo riporti indietro di cinquant'anni. "E' stato un personaggio importante per tutto il calcio italiano, ma soprattutto io gli devo tanto: mi lanciò in squadra che ero giovanissimo". Con Herrera e papà Moratti nacque quel formidabile gruppo di campioni passato alla storia come La Grande Inter. Tre scudetti, due coppe dei Campioni e due coppe Intercontinentali concentrati in pochi anni con un quarto scudetto perso all'ultima giornata sul campo di Mantova e un quinto perso allo spareggio contro il Bologna in quel maggio 1967 che sancì la fine del ciclo (cominciato nel 1962) perché l'Inter perse in finale anche la possibile terza coppa Campioni contro gli scozzesi del Celtic.

"Herrera ha portato a Milano la cultura del lavoro ovvero la cura maniacale degli allenamenti unita alla dieta da atleta e alla costante sottolineatura degli aspetti psicologici della vicenda agonistica. La sua Inter si riuniva collegialmente in lunghi ritiri durante i quali ingannavamo il tempo giocando a carte o chiacchierando e comunque si stava insieme, ci si conosceva meglio a livello caratteriale e la mente era costantemente concentrata sulla partita da affrontare. Il Mago dopo una sconfitta oppure alla vigilia di un match particolarmente importante ci faceva trovare negli spogliatoi dei cartelli di incitamento. Oppure ci prendeva sotto braccio per lunghe passeggiate alla fine delle quali ti eri convinto di essere molto più forte dell'avversario che avresti incontrato la domenica". Tutte innovazioni? "Sì, decisamente. Prima degli anni Sessanta il ruolo dell'allenatore era marginale, con Herrera e di riflesso il suo dirimpettaio milanista Nereo Rocco, il tecnico diventa personaggio centrale anche per i tifosi. Un ruolo che Herrera interpretava con astuzia e… profitto: i suoi premi partita erano di valore doppio rispetto ai nostri".

Sul piano tattico, il Mago è stato etichettato per anni come un difensivista. Mazzola ribalta il concetto. "E' vero che la nostra difesa, orchestrata dal magnifico capitano Armando Picchi, ha sbrogliato in Europa diverse situazioni intricate esaltando i tifosi davanti alla tv, ma è altrettanto vero che quell'Inter poteva contare su cinque giocatori di spiccate caratteristiche offensive: Corso, Jair, Mazzola, Milani o Peirò ai quali si aggiungeva un difensore, Giacinto Facchetti, che riusciva a inserirsi a sorpresa in attacco. Senza contare i gol realizzati da Luisito Suarez o Angelo Domenghini". Quella del terzino-attaccante fu un'altra invenzione del Mago? "Sì perché i difensori a quel tempo non superavano mai la linea di metà campo. Però Herrera si accorse delle grandi doti atletiche di Giacinto Facchetti nonché della sua propensione alla manovra di attacco. E quindi lo autorizzò a sganciarsi tutte le volte in cui intuiva di poter diventare letale. L'esempio più importante di questa innovazione è la rete del 3-0 rifilata al Liverpool in coppa Campioni in una notte esaltante per il mondo interista. La segnò Giacinto al culmine di una manovra a tre tocchi: gli inglesi furono colti assolutamente di sorpresa". Per concludere, caro Sandro, Helenio Herrera fu un precursore. "Esatto. Portò una quantità notevole di innovazioni e migliorie al sistema calcio. Con lui diventò importante pure la figura del medico sociale, esperto nutrizionista in grado di calibrare la dieta sulle esigenze di ogni singolo calciatore. Ma soprattutto negli allenamenti il Mago dava il meglio di sé: quell'Inter era atleticamente preparatissima. Poi a volte in campo facevamo cose diverse da quelle che ci chiedeva, ma quando c'è un tipo come Picchi per capitano la tattica può essere modificata all'impronta. E l'allenatore non poteva mai lamentarsene.