ANTONIO GHIRELLI

da Storia del calcio in Italia, Einaudi 1972

Nell'ambiente torpido, provinciale e sostanzialmente conformista del calcio italiano, egli portò tutte le qualità ed i vizi di un temperamento zingaresco. Tipico autodidatta, mezzo negromante e mezzo fisiologo, impasto di menzogne, di spacconate e di intuizioni geniali, non digiuno di solide nozioni professionali, dotato di una ferrea ambizione e di una capacità di applicazione quasi sovrumana, votato alla religione borghese del "dinero" per reazione ad un'adolescenza miserrima, il gitano marocchino doveva rivelarsi infinitamente più forte, scaltro e moderno di gran parte degli allenatori operanti in Italia, anche se non soprattutto nell'arte di valorizzare oltre misura il proprio valore. (...) All'arrivo (in Italia), egli assunse atteggiamenti da "caudillo" che gli propiziarono pesanti sarcasmi, specialmente quando manifestò la propria inclinazione al drogaggio psicologico (...). Come scriverà più tardi Gianni Brera: "prima di entrare in campo i giocatori sono tenuti a compiere gesti e pronunciare frasi da rituale.....liturgico-muscolare. H.H. si aggira tra i suoi dardeggiando occhiate mesmeriche. I giocatori, come intimiditi, si affrettano a mettersi in divisa e calzarsi. Il massaggiatore li ha già strigliati quanto basta (e per quanto ha chiesto ciascuno di loro).

H.H. pronuncia frasi tra il reboante e il maniaco. I concetti, magari, sono ovvi però la sua voce è metallica, la convinzione è assoluta, la luce dei suoi occhi inquietante. Chiaro che annette importanza notevole se non fondamentale a questa introduzione ludica. "Vinceremo!", grida scrutando i suoi. "Vinceremo perché siamo i più forti....C'è qualcuno che ne dubita?" (petto in fuori, mascella in fuori, occhietti strizzati, bocca stirata da una smorfia malevola). "Qui tutti!" (un vero e proprio urlo che spaventa). Le mani sul pallone, fanno una catena."Ripeti! Vedi che sei assente? Non voglio, non voglio!". Al fondo di questo comportamento schizoide (.....) c'era però un senso del ritmo, dello spettacolo e della disciplina che molti critici non apprezzarono subito al suo giusto valore, anche perché il nuovo venuto non mostrava alcun timore reverenziale verso i "mamma-santissima" della stampa.