DANILO SARUGIA

da Il secolo dell'Inter, Limina 1998

A chi lo accusava di essere presuntuoso, rispondeva: "Sono solo colpevole di essere il più bravo". E ancora: "Sono forte, sono equilibrato, sono perfecto". Urlava a tutta l'Inter: "Taca la bala!". Cioé ruba la palla all'avversario, gioca con coraggio, con grinta. Helenio Herrera è stato l'uomo, l'allenatore, il "rivoluzionario" che nel 1960 cambiò la faccia del calcio italiano ridando fiato a un ambiente comatoso, rilanciando interessi sopiti, correggendo le regole del "gioco". Era intelligente, scaltro, sbruffone, aveva grande carisma e grandi idee, guidava contemporaneamente il Barcellona e la Nazionale spagnola quando Angelo Moratti lo ingaggiò per la sua Inter offrendogli un contratto principesco.(......) Naso d'aquila, occhi di fuoco, sguardo spiritato. Nacque con Herrera la storia e la leggenda della Grande Inter, la squadra che dominò in Italia, in Europa e nel mondo dal '62 al '67.

In Spagna lo chiamavano già Mago. E fece sognare l'Inter e i suoi tifosi quest'uomo metà arabo e metà andaluso, nato nel 1916 (qualcuno sosteneva che avesse falsificato il passaporto: quel "1916" sarebbe stato in realtà un "1910"...) a Buenos Aires, cresciuto a Casablanca, affermatosi in Spagna, amato e odiato in Italia. Concetto base di Herrera: "Esaltare la folla". Esigenza-base: "Il dinero". Assioma lungo ma inoppugnabile: "Il tifo è passion, la passion è il calzio, il calzio è dinero". Herrera parlava un curioso mix di italiano-spagnolo con inflessioni arabe. Su un cartello appeso di fronte al letto della sua camera era scritta questa massima: "Las cosas dificiles exigen tiempo, las cosas imposibles exigen mas tiempo".